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From Scorpion Bay...to Scorpion Bay!


12 Dicembre 2013

Dopo aver salutato Silvio e Kilauea abbiamo attraversato a piedi il confine con il Messico, e per dieci giorni abbiamo attraversato in lungo e in largo la Baja California.

Dal Mar di Cortez all'oceano Pacifico. Da Tijuana fino a San Juanico.
Sono molte le cose delle quali potremmo raccontare.
Degli orizzonti che abbiamo ammirato per esempio; così ampi e imponenti, eppure così nitidi, che ci è inevitabile chiederci se, prima di oggi, il nostro sguardo si fosse mai spinto tanto distante.



Di olas così finas che nemmeno la miglior fotografia potrebbe descrivere.
Di personaggi tanto speciali dall'aver passato tutta la vita nello stesso, sperduto, angolo di deserto. Inspiegabilmente custodi di un pezzetto di mondo, divenuto sosta obbligata per migliaia di viaggiatori.


Potremmo. Ma questo blog parla di un sogno, che era un viaggio, e che sta diventando sempre più una ricerca.

Ed è quindi di un altro sogno che parleremo.
E di un piatto di spaghetti con la salsiccia.
Il quale merita il primo posto nella classifica dei ricordi top fra tutti quelli che la baja ci ha regalato; con buona pace di onde, tramonti e deserti. Che è inutile negarlo, sono diventati così intensamente parte delle nostre giornate da sorprenderci la loro assenza, piuttosto che il loro susseguirsi.
Come ho detto, ci si abitua alla svelta a lussi come questo.

La storia degli spaghetti con la salsiccia inizia da una piccola cittadina affacciata sul mar di Cortez.
Anziché su un furgone, questa parte del viaggio la abbiamo fatta a bordo di una Jeep. La prima tappa è stata San Felipe, dove vive Stefano; vecchia conoscenza della famiglia Scorpion Bay che ci ha aiutato a chiarire qualche perplessità circa la tranquillità del posto.
La verità è che siamo arrivati in Baja con una sorta d’insicurezza, generata soprattutto dalle raccomandazioni che ci sono state fatte dagli americani ai quali abbiamo chiesto informazioni: state attenti alle strade, il Messico è pericoloso, non viaggiate mai di notte, occhio ai militari...
Va detto che San Juanico, la meta finale del nostro viaggio in Baja California, è effettivamente lontana e scomoda da raggiungere. Da Tijuana sono più di mille chilometri. Secondo la strada che si decide di fare si devono percorrere tratti di sterrato più o meno lunghi, senza niente e nessuno attorno. Le tappe vanno programmate e viaggiare di notte è pericoloso, soprattutto a causa dei tanti animali che pascolano liberi nelle vicinanze della strada.
Ma se si sceglie il tragitto più lungo, quello che passa da Loreto e che raggiunge Scorpion Bay da sud, le strade sono in ottimo stato.
I posti di blocco dei militari sono frequenti, ma tutt'altro che problematici. La maggior parte dei soldati sono ragazzi giovanissimi, interessati più che altro a far scendere Laura dalla macchina che controllare il contenuto dei nostri zaini.
Come per tanti altri posti nel mondo anche qui il turismo è un'importante fonte di guadagno e non ci sono pericoli particolari.
Abbiamo passato il pomeriggio con Stefano, e per cena siamo andati a casa di Franco, un suo amico italo-americano.

La casa è un open space enorme, di forma circolare, con grandi finestre affacciate sul mare.
Non siamo gli unici ospiti, attorno al tavolo si sono riuniti anche altri amici di Franco: uno svizzero, un canadese e due tedeschi.
Fra una birra e l'altra Stefano e Franco hanno preparato un piatto di spaghetti con la salsiccia «da applausi» come direbbe il mio ex-capo. Buoni Buoni, come la mela di Into the Wild. Preparati con ingredienti italiani: olio toscano, Parmigiano Reggiano, spaghetti Garofalo.
Sarà che il cibo di casa inizia a mancarmi, sarà che inizia a mancarmi anche l'ambiente accogliente di una casa piena di persone, ma l'ultimo piatto che ho mangiato così di gusto sono state le lasagne di mia suocera.

Sembra che tutti qui abbiano una storia da raccontare. E quando dopo cena ci siamo seduti attorno al falò, vuoi per la l'accavallarsi dei racconti, vuoi per il fuoco incrociato di accenti e di spanglish imbastardito, ma mi sono perso a guardare il mare.
Porca puttana. E' il Mar di Cortez. Quello dei romanzi che leggevo da ragazzino; Corsari e Pirati che s’inseguivano alla ricerca di baie come questa dove tirare in secca i velieri e nascondere tesori. Accendere fuochi come il nostro e raccontare storie improbabili come quelle che stiamo ascoltando.
Non ricordo se quando leggevo quei libri avessi mai immaginato, un giorno, di poter vedere gli oceani e le isole di cui parlavano. Credo, in realtà, di aver dato per scontato che facessero parte di un mondo magico che non esiste più. Adesso che sono qui mi sento quasi rassicurato dallo scoprire che sono esattamente come me li ero immaginati.
E che le cose non sono cambiate più di tanto.
Le persone continuano a cercare riparo lungo queste coste, e continuano a sedersi attorno al fuoco a contemplare il mare.
L'unica differenza è che loro andavano a rum, e noi invece, da bravi italiani in viaggio, a spaghetti e salsicce.

La storia del sogno comincia invece da Guerrero Negro. Una cittadina affacciata sull'oceano Pacifico, nella quale siamo arrivati di notte, dopo aver attraversato la penisola da un lato all'altro.
Questa città è un punto di sosta per molti viaggiatori, soprattutto per i camionisti che trasportano le merci da un capo all'altro della baja. Non abbiamo avuto modo di visitare le spiagge, ma la periferia nella quale abbiamo passato la notte è piuttosto squallida e l'hotel nel quale abbiamo dormito freddo e triste. Nemmeno Kilauea nei giorni peggiori, quando piatti sporchi, tavole da surf e attrezzatura da climb erano sparsi ovunque, è mai stata tanto inospitale. Non so se quest’ambiente così cupo abbia influenzato in qualche modo il nostro stato d'animo, ma quando è suonata la sveglia ci siamo alzati con uno strano senso d’inquietudine addosso. Come se ci fosse una qualche urgenza, un obbligo misterioso con il quale fare i conti.
Credo che lo squillare della sveglia ci abbia moralmente riportato indietro di qualche mese. A tempi molto meno sereni.
In momenti come questi io sento il bisogno di scollegarmi e di riflettere, e guidare mi ha sempre aiutato a farlo. I lunghi rettilinei in mezzo al deserto che abbiamo percorso nei giorni a seguire, su e giù per colline tempestate di cactus e di rocce levigate dal vento, con quegli orizzonti infiniti oltre i quali lasciar viaggiare la mente, sono stati un contesto perfetto nel quale perdersi a ragionare.

Miglias, cactus, e considerazioni.

A noi questa vita piace per davvero. Ormai è un dato di fatto.
E non parlo semplicemente del surf, delle scalate o dei posti meravigliosi che vediamo ogni giorno.
C'è dell'altro, nell'essere out there, che ci ha irrimediabilmente contagiato.
Un’energia positiva che genera benessere, magica conseguenza dall'essere al centro di stimoli nuovi, in ambienti e contesti umani sempre diversi.
E' come vivere in un parco giochi gigante, fatto d’informazioni, esempi, idee, esperienze, colori. E soprattutto tempo; bene raro e prezioso nella società di oggi. Tempo per vivere ogni momento e per somatizzarlo; aumentandone l'importanza e il valore.
Ed è proprio la presa di coscienza dell'essere protagonisti di questa storia fantastica che ci fa svegliare intimoriti dalla sveglia. E che ci ricorda che la fuori, da qualche parte, c'è una vita normale che ci aspetta. Fatta di responsabilità, d’impegni, di preoccupazioni. Di budget che diminuisce.
Del quale siamo coscienti ma...ma come possiamo fare in modo che il futuro sia vibrante, eccitante e intenso come il presente che stiamo vivendo, senza che la cosa si riduca a una fottutissima questione di soldi?
E' troppo sognare che una vita, altrettanto serena e gratificante, sia realizzabile?
C'è ancora spazio per continuare a sognare, o ci siamo giocati tutte le possibilità?
E poi, è giusto porsi tutte queste domande? Non è che il segreto stia proprio nel lasciare che le cose vadano come devono andare?
Con tutti questi pensieri nella testa siamo arrivati finalmente a Scorpion Bay.
Dove l'onda è mas fina. Per definizione.
Un gioiello della natura grazie al quale questa spiaggia, sperduta nel mezzo della Baja California, è diventata famosa nel mondo.
E un marchio di abbigliamento ha costruito la sua storia.
Storia di successo e di passione che anche noi, in qualche modo, abbiamo contribuito a scrivere.
L'onda di Scorpion Bay è lunga centinaia di metri; in estate, quando le correnti spingono nella baia una quantità importante di acqua, è possibile surfarla per minuti interi.
In questo periodo dell'anno invece è più piccola e sottile; sembra fatta di cristallo per quanto è trasparente. Bastano poche remate per sentirne la spinta e anche se le nostre tavole non sono grandi abbastanza da poter stare in piedi per lungo tempo, lo sono a sufficienza per sentirsi parte di un contesto perfetto. Che andrebbe dipinto e rivissuto all'infinito.
Poco distante nuotano dei delfini, l'acqua è tiepida e le onde sono quasi ipnotiche per la costanza e la regolare precisione con la quale si ripetono.
A questo punto sarebbe bello poter raccontare di aver avuto un'intuizione. Di aver scoperto quale sia la risposta alle nostre domande e quale la strada da seguire per realizzare il sogno di un futuro speciale come questo viaggio.
Ma non è andata così. Dovrei inventare e trattandosi di sogni veri non mi sembra il caso.
Però sento che abbiamo fatto un passo avanti.
Abbiamo capito che vivere questo life-style per noi è importante. Che da qualche parte, in quello che stiamo facendo, si nasconde il segreto della nostra serenità futura.

Michel Crichton, il celebre autore di ER - Medici in prima linea e di Jurassik Park, ha pubblicato un libro nel quale ha raccontato le sue esperienze di viaggio. Al termine del libro ha fatto un’interessante riflessione, nella quale sostiene di aver sempre sentito il desiderio di viaggiare, per scoprire qualcosa su se stesso. Il viaggio inteso come stimolo, come richiamo per aspetti nascosti della propria personalità.
E' un punto di vista che condivido, e credo che se alla fine di questo viaggio conosceremo un po’ meglio noi stessi, sapremo anche attorno a quale ordine di priorità costruire il nostro futuro. E quale strada seguire per non smettere mai di sentirci così bene.

Lungo la strada da San Felipe a Guerrero Negro si devono percorrere un’ottantina di chilometri di sterrato.
A circa metà la strada si restringe; prima che inizi a salire verso le montagne c'è un'area di sosta. Il proprietario è un messicano di una sessantina d'anni. Non so da quanto tempo sia li, ma abbastanza da riempire otto libri di firme, da ricoprire le pareti di migliaia di fotografie e cimeli e da avere tante tante storie da ricordare. Per non so quale problema ha perso l'uso delle gambe e si muove a bordo di un quad.
E' una situazione surreale, considerato che attorno non c'è altro che deserto e montagne. Come faccia a mandare avanti la baracca rimane un mistero.
Quando ha chiesto a me e Laura di scrivere un messaggio sul suo librone, a entrambe è venuto naturale iniziare a farlo tracciando la rotta che stavamo seguendo:

From Scorpion Bay...to Scorpion Bay.

Fuck Yeah.

Sticactus, que burro!


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